In memoria dei medici caduti durante l’epidemia di Covid-19

Medici, il governo tenta di fermare la fuga (Repubblica web)


Pubblicato il 23 Giugno 2014


STANZIATI NUOVI FONDI (6 MILIONI DI EURO PER IL 2014 E 42 PER IL 2015) CON L'OBIETTIVO DI AUMENTARE IL NUMERO DEI POSTI A DISPOSIZIONE PER CHI VUOLE EFFETTUARE IN ITALIA LA SPECIALIZZAZIONE CHE È DIVENTATA SEMPRE PIÙ DIFFICILE DA RAGGIUNGERE PER LA CARENZA DI POSTI
Catia Barone

Non tutti i neolaureati in Medicina finiranno nel primo cerchio dell'inferno di Dante Alighieri, il buio e nebbioso limbo dei tempi moderni destinato a chi resta fuori dalle scuole di specializzazione. Sì perché il governo ha deciso di stanziare nuovi fondi (6 milioni di euro per il 2014 e 42 per il 2015) con l'obiettivo di aumentare il numero dei posti a disposizione per chi vuole terminare in Italia la formazione post lauream. Ma si tratta di un intervento sufficiente o è solo un modo per arginare l'emergenza? '«Riportare a normativa vigente 5.000 contratti di formazione specialistica (dai 2.500 previsti) è senz’altro un buon segnale - sostiene Amedeo Bianco, presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici e chirurghi odontoiatri -. Si può però fare di più e meglio, ridiscutendo il sistema formativo nel suo complesso e la praticabilità stessa di un mercato del lavoro in cui vi sono molti vincoli'». Sulla tessa linea si posiziona Walter Mazzucco, presidente dell'associazione italiana giovani medici (Sigm): «Lo stanziamento dei fondi risolve sicuramente l’emergenza, ma vanno messe in campo anche soluzioni strutturali. L'esercito degli studenti entrati a Medicina avanza e, in assenza di correttivi, il mismatch tra laureati e specializzandi non sarà più gestibile». La richiesta del presidente Mazzucco è chiara: «Dare subito il via alla razionalizzazione dell’attuale offerta formativa, ormai ipertrofica e di durata eccessiva
per i profili specialistici». Le nuove risorse dovrebbero derivare in parte – spiega il Governo – dall’applicazione di un contributo di segreteria, non superiore ai 100 euro, che i candidati dovranno versare per partecipare al concorso. Basterà? Secondo Filippo Anelli, presidente dell'ordine dei medici di Bari, si potrebbe fare di più: «Come? Dividendo il percorso universitario per trovare ulteriori fondi. La prima parte dovrebbe essere più teorica (svolta all’interno dell’università), la seconda più orientata al tirocinio con contratti di formazione-lavoro all’interno degli ospedali. Il costo del percorso formativo universitario graverebbe solo per la metà sul Miur (2 dei 4 anni di specializzazione), generando risparmi che potrebbero determinare il raddoppio del numero delle borse di studio». La criticità della situazione è emersa con forza negli ultimi anni, di fronte al continuo esodo dei neolaureati. Se ne vanno soprattutto in Francia, Svizzera, ma anche nel Regno Unito e nei Paesi del nord Europa. Questo perché l'Italia non garantisce pari opportunità ad un giovane medico: «Basti pensare che il criterio prevalente per la progressione di carriera è l’anzianità di servizio spiega Walter Mazzucco, presidente dell'associazione Sigm - e che, troppo spesso, il merito viene messo in secondo piano dalle ingerenze della politica nei processi decisionali della sanità. Oltre al problema del blocco del turn over». E così le storie dei giovani che lasciano l'Italia si moltiplicano. Danila Madonia, 25 anni, neolaureata in medicina e chirurgia presso il policlinico universitario Paolo Giaccone di Palermo si trasferirà a settembre a Örebro, in Svezia. Il motivo? La scarsa disponibilità di contratti in Italia e il sistema meritocratico all'estero. «La situazione attuale dei contratti di specializzazione nel nostro Paese è troppo incerta - dice Danila Madonia -. Confrontarsi con realtà diverse dà soddisfazione, ma è sconfortante dover rivoluzionare i propri progetti di vita per riuscire a concretizzare delle ambizioni. Il confronto e la critica dovrebbero essere un arricchimento della propria formazione, non un’alternativa ». Federica Chiale, laureata all'università di Torino, ha invece puntato sulla Svizzera, «perché la qualità della formazione è alta, perché ti scelgono se vali e se vogliono davvero investire su di te. Il nostro paese non permette ai laureati di medicina di terminare la loro formazione con la scuola di specializzazione. Crea solo dinamiche di privilegi, invidie, sotterfugi o semplicemente di abbandono. Continuerà ad essere così anche in futuro? Difficile a dirsi. Il governo ha mosso i primi passi, ora resta l'ultima parte del percorso, tutta in salita, ovvero la razionalizzazione dell'offerta formativa. A sinistra, i professionisti di varie specializzazioni che hanno richiesto al ministero il riconoscimento del titolo di studio all’estero